Già nel II secolo aC , Trieste (Tergestum) riceveva l’acqua da due linee di acquedotto costruite dai Romani. L’acquedotto della val Rosandra, i cui resti sono ancora visibili nella valle, era la principale risorsa idrica della città che si stima contasse circa 12.000 abitanti
Gli acquedotti romani subirono la stessa sorte toccata alla Città che nel VI secolo venne distrutta dai Longobardi che l’avevano occupata nel 568.
Per circa un millennio le fonti idriche dei triestini furono costituite dai rii e piccole sorgenti che circondano la città, che non riconquistò le dimensioni dell’epoca romana.
Solo nel 1749 si avviò la costruzione di un acquedotto “moderno”: l’acquedotto “teresiano”. Dedicato alla memoria dell’Imperatrice Maria Teresa (Trieste fece parte dell'Impero degli Asburgo dal 1382 al 1918).
L’acquedotto recapitava l’acqua dal rione San Giovanni attraverso il percorso delle odierne vie Pindemonte e Crispi al nuovo agglomerato urbano realizzato in concomitanza con l’apertura del primo porto commerciale - il “borgo Teresiano” appunto - e terminava in corrispondenza delle monumentali fontane pubbliche dette "dei Quattro Continenti", del "Giovanin de Ponterosso" e del "Nettuno, realizzate dallo scultore Giovanni Mazzoleni ed ancora operanti dopo oltre 250 anni.
E' promossa invece dai privati la società "per l'acquedotto di Aurisina", che - dal 1857 - sfrutta le risorgive costiere per rifornire la neonata Ferrovia Meridionale Trieste-Vienna.
In quegli anni la popolazione cittadina crebbe oltre le 100.000 unità e, con essa, il fabbisogno idrico: la quantità d’acqua giornaliera a disposizione di ogni abitante era misera, inferiore a 10 litri. Ciononostante solo una parte modesta dell’acqua raccolta alle risorgive di Aurisina raggiunge Trieste..
Nel 1919, alla fine della Prima Guerra Mondiale, la proprietà e la gestione dell’acquedotto di Aurisina passano al Comune che istituisce prima il "Servizio Comunale Acquedotti" e poi l’Azienda Comunale Elettricità Gas ed Acqua (ACEGA).
La nuova amministrazione italiana integra le risorse idriche nel 1921 con l’Acquedotto di Zaule e nel 1922 con l'Acquedotto del Sardos. Dedicato all'eroe di guerra Giovanni Randaccio caduto sul Carso, nel 1929 si avvia l’Acquedotto “Randaccio” che viene congiunto all’acquedotto Aurisina e incrementa il flusso verso la città a 75 mila mc giornalieri, attraverso la nuova adduttrice DN900 posta lungo il sedime della Strada Costiera.
Il sito di “Randaccio” viene potenziato nel 1947, 1952 e 1971 accogliendo nuove tecnologie e impianti, con lo sfruttamento delle risorgive del Timavo (oggi utilizzate solo come riserva).
Nel 1971 entrò in esercizio la condotta sottomarina, del diametro di 1300 mm, che dal Villaggio del Pescatore, attraversa per 18 Km il Golfo di Trieste.
L’ultima grande opera, la realizzazione dei pozzi isontini (fine anni ’80), ha permesso di risolvere definitivamente il problema dell’approvvigionamento idrico del territorio di Trieste.